Il Tribunale di Napoli riconosce, a beneficio del personale ATA, il diritto alla valutazione “per intero” dell’anzianità professionale maturata in ragione dei contratti a tempo determinato, con il recupero delle differenze retributive.

Un pratico esempio di come il diritto dell’Unione Europea possa influenzare il diritto interno e di come i giudici italiani possano assicurare, per il personale ATA, la conformità della normativa nazionale ai principi europei, anche disapplicando le disposizioni interne contrarie.

A cura degli avvocati Aldo Esposito e Ciro Santonicola.

La sentenza in esame, emessa dal Tribunale di Napoli, Sezione Lavoro, riguarda una controversia relativa alla ricostruzione di carriera di un dipendente del Ministero dell’Istruzione e del Merito (personale ATA) che, prima dell’immissione in ruolo, aveva prestato servizio con contratti a tempo determinato.

Il ricorrente, assistito dagli avvocati Aldo Esposito e Ciro Santonicola, ha impugnato “il mancato riconoscimento integrale del suo servizio non di ruolo nella ricostruzione di carriera e ai fini delle progressioni stipendiali”, sostenendo che tale omesso avanzamento professionale, in base all’art. 569 del d.lgs. n. 297/1994, fosse illegittimo e in contrasto con l’art. 4 dell’Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE.

Il Giudice procedente Dott.ssa Giovanna Picciotti, investita della problematica, ha ritenuto fondata la domanda del ricorrente, riconoscendo il suo diritto al “trattamento stipendiale che avrebbe percepito se fosse stato inquadrato a tempo indeterminato sin dall’anno scolastico 2000/2001“, tenuto conto della normativa contrattuale di comparto.

La decisione si è fondata su un’analisi approfondita della normativa nazionale e del diritto dell’Unione Europea (Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato). In particolare, il Tribunale partenopeo ha fatto riferimento alla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha interpretato la clausola 4 dell’Accordo quadro come un divieto di discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato.

Il magistrato ha inoltre disapplicato l’art. 569 del d.lgs. n. 297/1994 (Testo Unico Scolastico) nella parte in cui prevedeva un riconoscimento parziale dell’anzianità di servizio dell’amministrativo, ritenendo che tale disposizione fosse in contrasto con il “principio di non discriminazione” sancito dall’Accordo quadro e dalla giurisprudenza europea.

In conclusione, il Tribunale ha condannato il Ministero al pagamento delle differenze retributive spettanti al ricorrente, nei termini che seguono:

“Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa, dichiara il diritto della parte ricorrente al trattamento stipendiale che avrebbe percepito qualora fosse stata inquadrata a tempo indeterminato sin dall’anno scolastico 2000/2001, tenuto conto della normativa contrattuale di comparto, e per l’effetto condanna il Ministero convenuto al pagamento delle differenze retributive, da determinarsi in separato giudizio sulla base di un’anzianità di servizio calcolata a partire dalla prima assunzione a tempo determinato e cumulando tra loro i diversi periodi lavorati, fino alla data di scadenza dell’ultimo contratto a tempo determinato, oltre accessori.

Per informazioni sui “Ricorsi, a beneficio del personale ATA, contro le ricostruzioni di carriera che non abbiano riconosciuto l’intero precariato, per il pieno recupero dell’anzianità dei lavoratori ATA e per l’attribuzione delle differenze retributive”, è possibile inoltrare un messaggio WhatsApp, sia scritto che audio, al numero 3661828489. I legali Esposito e Santonicola risponderanno con un messaggio personalizzato.