Linee guida a cura degli avvocati Aldo Esposito e Ciro Santonicola.
In ambito scolastico, il procedimento disciplinare pone in essere un meccanismo delicato e complesso, finalizzato alla verifica rigorosa di presunte violazioni commesse dal personale docente.
Tale strumento deve imprescindibilmente rispettare le norme fondamentali del giusto procedimento e i principi cardine del diritto, quali la presunzione d’innocenza, il rigoroso onere della prova e il diritto al contraddittorio.
In una recente vicenda, la docente interessata ha affrontato due distinte contestazioni disciplinari: la prima relativa a presunti comportamenti vessatori e maltrattamenti verso un alunno; la seconda concernente un ipotetico uso inappropriato della sigaretta elettronica all’interno dell’aula scolastica.
Sin dall’inizio, le contestazioni erano basate esclusivamente su dichiarazioni indirette, provenienti da minori e riferite dai loro genitori, prive di riscontri oggettivi e documentali. Tale scenario ha inevitabilmente posto in rilievo la fondamentale questione della solidità probatoria richiesta in tali procedure.
Attraverso un’articolata difesa, caratterizzata dalla stesura di memorie difensive, la docente, assistita dagli avvocati Aldo Esposito e Ciro Santonicola, ha sottolineato e dimostrato l’assoluta inconsistenza dell’apparato accusatorio. È stata evidenziata la natura “de relato” delle testimonianze, l’assenza di riscontri medici, documentali o audiovisivi che potessero confermare l’accaduto e, non da ultimo, la contraddittorietà intrinseca delle dichiarazioni rese.
Durante l’audizione disciplinare, l’argomentazione difensiva ha ulteriormente consolidato tali punti, richiamando l’attenzione sui principi giuridici vigenti e rendendo manifesto che l’Amministrazione scolastica non aveva soddisfatto l’onere della prova gravante su di essa. In particolare, l’assenza di prove certe, gravi e concordanti ha privato il quadro accusatorio della credibilità necessaria per giungere all’emanazione di un provvedimento disciplinare.
Alla luce delle memorie prodotte e dell’audizione, l’autorità scolastica, nel rispetto della normativa vigente (artt. da 55 a 55-octies del D.Lgs. n. 165/2001 e artt. 492-501 del D.Lgs. n. 297/1994), nonché del CCNL 2019/2021 per il personale scolastico, ha dovuto necessariamente prendere atto della mancanza di qualsiasi prova idonea a sostenere la tesi accusatoria.
In conclusione, considerando l’impossibilità di configurare una violazione disciplinare fondata esclusivamente su narrazioni indirette prive di riscontri, l’autorità procedente ha disposto, in modo inevitabile e conforme a legge, l’archiviazione dei procedimenti disciplinari.
Questo esito evidenzia emblematicamente l’importanza del rigoroso rispetto dei principi giurisprudenziali e della corretta applicazione delle regole procedurali, a tutela dell’integrità professionale e personale del docente.
Nel dettaglio:
a) Il principio della presunzione di innocenza – cardine dell’ordinamento penale – si riflette anche nei procedimenti disciplinari a carico di dipendenti pubblici, inclusi i docenti. In base all’art. 27 comma 2 della Costituzione, “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Da questo principio discende l’esigenza di imparzialità e correttezza nell’azione disciplinare: il docente ha diritto a non subire pregiudizi (ad esempio, sospensioni non motivate o dichiarazioni pubbliche di colpevolezza) prima della conclusione del procedimento. In tal senso si è mossa anche la recente normativa UE, che vieta alle autorità pubbliche di presentare una persona come colpevole prima di una condanna definitiva (v. direttiva (UE) 2016/343, attuata con D.Lgs. 188/2021).
La presunzione di innocenza garantisce al docente il diritto a un procedimento equo, in cui la colpevolezza deve essere dimostrata in modo certo e in cui, fino all’esito finale, egli deve essere trattato con la stessa considerazione di qualsiasi altro collega in servizio. Qualora l’amministrazione non riesca a provare in modo convincente le accuse, il procedimento disciplinare dovrà concludersi con un’archiviazione.
b) Nei procedimenti disciplinari scolastici vale il principio generale secondo cui chi accusa, ovvero l’Amministrazione, deve provare i fatti contestati. Il dipendente ha diritto di difendersi, ma non ha l’onere di provare la propria innocenza; spetta all’ufficio disciplinare fornire elementi concreti a sostegno della contestazione. Tale riparto dell’onere della prova è conforme al principio civilistico di cui all’art. 2697 c.c. e si applica ai procedimenti disciplinari contrattualizzati; pertanto, in mancanza di prova, la sanzione non può essere applicata.
Ebbene, al docente incolpato è riconosciuto il diritto di difesa sia orale (mediante audizione davanti all’organo disciplinare) sia scritta (mediante presentazione di memorie difensive). L’insegnante riceve una contestazione di addebito formale, di norma via PEC o raccomandata, nella quale sono descritti i fatti contestati, le norme violate e gli estremi del procedimento. Contestualmente, deve essergli concesso un termine per presentare le difese.
La memoria difensiva è uno scritto attraverso il quale il docente risponde analiticamente alle accuse. Con essa, il dipendente dovrebbe fornire la propria versione dei fatti, evidenziando eventuali errori o esagerazioni nella contestazione. È necessario smontare punto per punto le accuse, facendo emergere le incongruenze, assenze di prove e circostanze a discolpa: ad esempio, se viene contestato un comportamento scorretto verso un alunno basato solo su segnalazioni informali, la memoria sottolineerà che tali accuse “difettano di riscontri oggettivi” e presentano “palesi incongruenze”, risultando carenti di prove documentali o testimonianze dirette.
Inoltre, qualora si riscontrino vizi procedurali—come una contestazione tardiva oltre i termini, una contestazione generica che non consente un’adeguata difesa o l’incompetenza dell’organo procedente—è essenziale che la memoria difensiva li evidenzi espressamente. Tali vizi possono invalidare il procedimento disciplinare: ad esempio, una contestazione formulata in modo troppo generico potrebbe impedire al docente di difendersi puntualmente, violando l’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori e la normativa pubblica equivalente.
In definitiva, una memoria difensiva ben strutturata può influenzare significativamente l’esito del procedimento. In primo luogo, obbliga l’Amministrazione a esaminarla e a motivare adeguatamente l’eventuale decisione sanzionatoria, confutando le tesi difensive. Se la memoria mette in luce gravi lacune probatorie o vizi di forma, l’ufficio disciplinare potrebbe ritenere opportuno archiviare il procedimento per evitare future impugnazioni.
Il documento scritto costituirà una traccia agli atti: se si giunge a una sanzione e il docente impugna il provvedimento in giudizio, il giudice potrà verificare che l’accusato aveva già sollevato determinate eccezioni e valutare se l’Amministrazione le abbia colpevolmente ignorate. Pertanto, la memoria difensiva getta le basi per un’eventuale impugnazione.
Per impostare la linea difensiva avverso la contestazione di un procedimento disciplinare in ambito scolastico, è possibile contattare lo Studio Legale Esposito/Santonicola attraverso:
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