L’Insufficienza Probatoria nel Licenziamento del personale ATA per presunto Falso Documentale: Un Principio di Civiltà Giuridica Riaffermato dalla Corte d’Appello di Milano

A cura dei legali Aldo Esposito e Ciro Santonicola

Lo Studio Legale Esposito Santonicola rende noto, con soddisfazione, l’esito di una complessa vicenda giudiziaria riferita alla posizione di una collaboratrice scolastica, assistita in una controversia che le ha restituito il rapporto lavorativo decaduto per presunta falsità documentale.

La recentissima sentenza  della Corte d’Appello di Milano, depositata da un autorevole Collegio presieduto dalla Dott.ssa Silvia Marina Ravazzoni, con la partecipazione del Dott. Roberto Vignati e della Dott.ssa Benedetta Pattumelli quale relatrice, rappresenta non solo la conferma di una vittoria già ottenuta in primo grado, ma l’affermazione di un principio giuridico di portata generale: l’impossibilità di fondare un licenziamento disciplinare su mere presunzioni quando la prova documentale risulti oggettivamente lacunosa per circostanze non imputabili al lavoratore.

La vicenda affonda le sue radici in un’ampia indagine penale che aveva portato all’emissione di misure cautelari nei confronti di alcuni gestori di istituti paritari. Le ripercussioni di tale procedimento si sono estese a macchia d’olio, innescando una capillare verifica ministeriale sulla veridicità dei titoli dichiarati dal personale ATA nelle graduatorie scolastiche. In questo contesto, la lavoratrice – che aveva dichiarato il possesso di un diploma di qualifica professionale per operatore di servizi turistici conseguito nel 2011/2012 presso l’Istituto paritario di…. come candidata privatista – si è trovata coinvolta in due distinti procedimenti disciplinari.

Il primo procedimento, conclusosi con una sanzione conservativa, riguardava la dichiarazione di servizi non confermati dall’INPS. Il secondo, ben più grave nelle sue conseguenze, contestava la produzione di documentazione asseritamente contraffatta proprio in relazione al diploma dell’Istituto, culminando, nel giugno 2024, con l’intimazione del licenziamento senza preavviso.

L’accusa ministeriale poggiava su quello che appariva, prima facie, quale impianto probatorio solido: né i registri conservati presso l’istituto depositario dell’archivio del cessato Istituto paritario, né gli elenchi trasmessi all’Ufficio Scolastico Provinciale di Salerno contenevano traccia del nominativo della lavoratrice. Tuttavia, come hanno adeguatamente dimostrato gli avvocati Aldo Esposito e Ciro Santonicola nel corso del giudizio, questa apparente solidità celava una fragilità strutturale destinata a emergere sotto l’attento scrutinio giurisdizionale.

Il punto di svolta della vicenda è rappresentato dalla scoperta, documentata dal verbale della Guardia di Finanza, che gli incartamenti trasferiti dall’istituto cessato risultavano gravemente incompleti. Mancavano proprio i registri degli esami dell’anno scolastico 2011/2012 relativi al settore ricevimento, esattamente quelli che avrebbero potuto confermare o smentire il conseguimento del diploma contestato. Tale lacuna documentale, unita alla circostanza che la lavoratrice aveva sostenuto l’esame come privatista (con le peculiarità procedurali che ne conseguono), ha reso impossibile qualsiasi accertamento definitivo sulla veridicità del titolo.

Il Tribunale di Milano, con la sentenza del 2024 della Dott.ssa Eleonora Porcelli, ha accolto il ricorso della lavoratrice applicando con rigore il principio civilistico dell’onere della prova. La pronuncia ha evidenziato come l’impossibilità oggettiva di verificare l’autenticità del titolo, derivante da circostanze estranee alla volontà delle parti, impediva di considerare provato il mendacio o la produzione di certificazioni false. Una conclusione giuridicamente ineccepibile che il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha tuttavia tentato di ribaltare proponendo appello.

L’Avvocatura dello Stato, nel gravame, ha articolato le sue censure, contestando quella che definiva un’indebita inversione dell’onere probatorio e valorizzando le comunicazioni negative degli enti interpellati come prova della falsità del titolo. Ha inoltre eccepito la carenza dei requisiti formali previsti dalla normativa scolastica per il certificato prodotto dalla lavoratrice, invocando gli articoli 187 e 199 del D.Lgs. 297/1994.

La Corte d’Appello, dopo un’attenta disamina condotta all’udienza del 28 maggio 2025, ha respinto integralmente le doglianze ministeriali con una motivazione che merita di essere apprezzata per la sua lucidità giuridica. I giudici di secondo grado, in sintonia con le tesi degli avvocati Aldo Esposito e Ciro Santonicola, hanno ribadito che nel procedimento disciplinare l’onere di provare la sussistenza dell’addebito grava interamente sul datore di lavoro, e che tale prova deve essere piena e inequivocabile. La mera assenza di riscontri positivi in archivi documentali lacunosi non può supplire alla dimostrazione della condotta fraudolenta.

Particolarmente significativo è il passaggio in cui la Corte chiarisce che la normativa invocata dal Ministero disciplina esclusivamente il rilascio di duplicati in caso di smarrimento dell’originale, senza precludere l’emissione di certificati attestanti il conseguimento dei titoli di studio. Altrettanto rilevante è l’osservazione secondo cui il mancato reperimento del nominativo negli elenchi allegati alla richiesta di pergamene non può ritenersi dirimente, non essendovi certezza che tali elenchi includessero anche i candidati privatisti.

La sentenza della Corte d’Appello milanese si inserisce in un filone giurisprudenziale che riafferma con forza i principi cardine del giusto processo anche nell’ambito del rapporto di pubblico impiego. Il licenziamento disciplinare, massima sanzione nel rapporto di lavoro, richiede una prova certa e incontrovertibile della condotta contestata. Quando tale certezza viene meno per l’incompletezza degli archivi amministrativi – circostanza purtroppo non infrequente nel passaggio di documentazione tra istituti scolastici cessati e depositari – non può essere il lavoratore a pagarne le conseguenze.

Questa pronuncia assume valenza paradigmatica per molteplici ragioni. Stabilisce, innanzitutto, che l’onere di conservazione corretta e completa della documentazione scolastica ricade sull’amministrazione, che non può invocare le proprie carenze organizzative a danno del lavoratore. Riconosce, inoltre, le peculiarità della posizione del candidato privatista, i cui percorsi documentali possono differire da quelli ordinari. Ma soprattutto, riafferma che nel bilanciamento tra l’esigenza di contrastare il fenomeno dei falsi titoli e la tutela del lavoratore accusato, quando la prova è incerta deve prevalere la seconda.

Lo Studio Legale Esposito Santonicola, nell’individuare ogni criticità dell’impianto accusatorio, ha valorizzato le lacune documentali ottenendo giustizia, per la dipendente, in entrambi i gradi di giudizio. Un risultato che conferma come, anche di fronte ad accuse apparentemente gravi e a un contesto di generale allarme per titoli ritenuti falsi, nel comparto scuola, i principi fondamentali del diritto e delle garanzie processuali debbano sempre prevalere.

La conferma della sentenza di primo grado manifesta la capacità del sistema giudiziario di distinguere tra sospetto e prova, tra presunzione e certezza, riaffermando che lo Stato di diritto si misura proprio nella tutela di chi si trova in posizione di debolezza di fronte al potere pubblico.

ASSISTENZA LEGALE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI LICENZIAMENTI DISCIPLINARI NEL COMPARTO SCUOLA – PERSONALE ATA – STUDIO LEGALE ESPOSITO SANTONICOLA

La recente pronuncia della Corte d’Appello di Milano, che ha confermato l’illegittimità del licenziamento per presunto falso documentale, rappresenta un paradigma dell’approccio difensivo che caratterizza lo Studio Legale Esposito Santonicola nel delicato settore dei procedimenti disciplinari a carico del personale ATA.

Contatti per Consulenza Specialistica

Il personale scolastico che si trovi ad affrontare procedimenti disciplinari o contestazioni relative a titoli e servizi potrà contattare direttamente lo Studio legale Esposito Santonicola attraverso il canale WhatsApp, con messaggio scritto o vocale al 366 18 28 489, per una valutazione approfondita della propria posizione.

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